Oggi Erg produce solo energia rinnovabile.
- malgrado la riscoperta delle fonti fossili dell’ultimo anno, indietro non si torna. «Non siamo più in emergenza, ci stiamo attrezzando. Di qui al prossimo inverno per l’Italia, con più importazioni di gas da altri Paesi e più capacità sulle rinnovabili, il problema sarà ridotto. Noi di Erg abbiamo una pipeline da 3,8 gigawatt su eolico, solare, stoccaggio in Italia e in Francia, Regno Unito, Spagna, Germania».
- è importante per le aziende del settore unirsi, così da affrontare in modo più strutturato la concorrenza e il mercato.
Sulla scelta totale delle rinnovabili, insomma, non ci sono rimpianti in Erg. Naturalmente ci sono anche i problemi, che Garrone individua in due punti: le gare e la burocrazia. «Non ci dispiace avere ceduto l’oil — risponde l’imprenditore a chi gli chiede se sia pentito di non avere più una raffineria oggi che, con la guerra Russia-Ucraina, la domanda di gas e petrolio è salita—. Il ritorno alle fonti fossili è temporaneo, dovuto a una situazione di necessità. Il contributo delle rinnovabili sarà sempre maggiore». Perché, ritiene, la scelta delle fonti alternative non va legata solo al contrasto al cambiamento climatico: «Ci sono altre due ragioni». La prima è l’autonomia energetica: «Se l’Europa avesse investito prima, non ci saremmo trovati con il problema della dipendenza dal gas russo». La seconda è la riduzione dei costi. «Oggi produrre energia da fonti come solare ed eolico costa meno che da quelle fossili. Perciò gli incentivi non servono più. Si produce solare ed eolico, a seconda dei momenti, intorno agli 80-100 euro a megawattora, contro prezzi più alti e volatili delle fonti fossili, arrivate anche a mille euro. Le rinnovabili sono competitive».
Ma per arrivare agli obiettivi dell’Agenda Onu l’Italia deve correre. «Bisognerebbe installare dieci gigawatt all’anno, ne sono stati installati solo tre e perlopiù nel solare domestico — nota Garrone —. Di questo passo non arriveremo mai agli obiettivi al 2030». E perché si va lenti? «Abbiamo tempi di autorizzazione lunghissimi, in media cinque anni per un parco eolico. Colpa anche di un forte disallineamento tra regioni e governo centrale e di un’eccessiva burocrazia: per il via libera servono una trentina di pareri degli uffici istituzionali. Bisogna semplificare, il quadro regolatorio va cambiato». Anche sul piano delle aste governative per nuova capacità di energia rinnovabile: «Il sistema è inadeguato. Le gare sono a prezzi non competitivi, non adeguate all’inflazione e al conseguente incremento dei costi d’investimento: perciò nessuno partecipa. Nel 2022 in Europa sono state sottoscritte per meno del 50% della capacità allocabile».